MOSTRE: l’umanesimo dello scultore Francesco Messina nella luce mediterranea di Taormina
Taormina (Messina)
Da Milano, 58 opere dell’artista siciliano – fra cui il modellino del “Cavallo”, icona della Rai – dialogano con reperti archeologici dell’antica Naxos a Palazzo Ciampoli.
La dedica all’assessore e archeologo Sebastiano Tusa
GIARDINI NAXOS (Me), 15 aprile 2019 – La fuggente malinconia degli adolescenti in erba, la grazia compiuta delle étoile della Scala, i pugili curvi, in pausa, pronti per un nuovo match, il vigore irrequieto degli stalloni ribelli o morenti, la morbida maternità di Eva mentre si accarezza il ventre, la disarmante e giovanile avvenenza del Grande Nudo Femminile. I due ritratti di Bianca, l’amatissima moglie, ipnotici e misteriosi quasi quanto quelli degli antichi egizi. Sui loro corpi una celeste benedizione di luce e la carezza del primo tiepido sole siciliano, quasi un invito alla silenziosa contemplazione.
L’umanesimo della scultura di Francesco Messina (Linguaglossa, CT 1900 – Milano 1995), inno alla perfetta e armoniosa bellezza della gioventù – e cifra stilistica costante della sua poetica – è di scena a Taormina, dal 15 aprile e fino al 15 giugno, nelle sale dello storico Palazzo Ciampoli con “Arte Sicilia Contemporanea, Francesco Messina. Suggestioni ed echi dall’Antica Naxos”, raccolta di cinquantotto opere dello scultore, siciliano originario di Linguaglossa e milanese d’adozione e autore, fra le altre cose, della statua “icona” della Rai: il Cavallo Morente esposto nella sede di Roma. La mostra è dedicata a Sebastiano Tusa, l’insigne archeologo ed Assessore Regionale dei Beni Culturali – tragicamente disperso il 10 marzo scorso in un incidente aereo in Etiopia – che avrebbe dovuto inaugurare l’evento nelle scorse settimane. La mostra – presentata ufficialmente e aperta al pubblico lunedì 15 aprile, alle ore 17 – sarà visitabile tutti i giorni, dalle 9 alle 19.30, con ingresso libero.
Si tratta della terza ed ultima tappa di un singolare progetto artistico nato dalla collaborazione fra i Parchi Archeologici di Naxos-Taormina ed Agrigento e lo “Studio Museo Francesco Messina” di Milano, dove un anno fa ha preso il via la narrazione comparata dello scultore siciliano – uno dei massimi protagonisti del Novecento, alla continua ricerca di un’armonia formale classica – le cui opere sono state e saranno proposte alla lettura dei visitatori affiancate da reperti archeologici dei musei di Agrigento e, adesso, di Naxos. Curatori della mostra sono Vera Greco (Direttore del Parco Archeologico di Naxos Taormina), Maria Fratelli (Direttore dello Studio Museo Francesco Messina di Milano) e Diego Cavallaro, che per l’esposizione di Taormina ha curato concept, allestimenti e contenuti espositivi. Articolata nella prestigiosa sede di Palazzo Ciampoli, la mostra rappresenta anche l’occasione per riaprire al pubblico uno dei gioielli più preziosi dell’architettura storica taorminese di proprietà della Regione Siciliana.
Cinquantotto le opere milanesi riunite a Taormina, grandi e piccoli bronzi che consentono di ripercorrere nella sua terra d’origine e nella luce mediterranea cara a Messina l’intero corpus della sua opera. L’esposizione è articolata in sette sale. Introdotti dal Grande Torso Femminile (bronzo, 1970), seguono sei nuclei tematici. Il primo è quello dei “Ritratti” e fra questi, algido e altero, quello della moglie Bianca Fochessati Clerici (in marmo e in ceramica policroma), dell’amico e conterraneo Salvatore Quasimodo, poeta e premio Nobel per la Letteratura, dell’attrice Anna Maria Ferrero. Quindi la sala dei “Nudi”, elogio della giovinezza e della bellezza dei corpi femminili che, di Messina, fa dire al poeta Eugenio Montale “E’ una armoniosa e ferace giovinezza la sua, che si esprime in opere di ritmo e leggiadria”. Come Eva (monumentale bronzo del 1949, alto ben 190 cm), come il Grande nudo femminile (bronzo del 1967) e come le statue di bambini e adolescenti – inverosimilmente immobili – e colti nell’espressione candida e innocente della loro tenera età; a seguire con le sale “Canone”, “Ballerine” e “Cavalli” è la celebrazione della forza impressa da Messina nella materia: dalla potenza muscolare dei pugili accovacciati, nervi e muscoli in tensione, in attesa febbrile di sferrare un nuovo attacco; alla flessuosa grazia corporea e gestuale del ciclo delle ballerine, con citazioni di grandi étoile della Scala di Milano – come Carla Fracci, Liliana Cosi e Aida Accolla – che furono sue modelle; fino all’indomita energia che emana la serie degli Stalloni: fra questi l’occhio attento del visitatore riconoscerà, in miniatura, una vera “icona” della tv di stato, quel Cavallo Morente realizzato da Messina nel 1958 per la sede Rai di Roma. Fra i modellini, in prestito dallo Studio Museo di Milano, figura a Taormina anche lo Stallone ferito, opera appartenente alla città di Catania che proprio vent’anni fa, nel 1999, dedicò a Messina la prima retrospettiva post mortem (dal 2014 collocata fra il verde di piazza Galatea, mentre più avanti in piazza Europa, rivolta al mare, si trova un’altra opera dello scultore, “La Romantica”, nella versione in marmo).
Concepito come una proposta di dialogo metatemporale tra il passato e il presente, il progetto espositivo “Arte Sicilia Contemporanea, Francesco Messina. Suggestioni ed echi dall’Antica Naxos” invita alla comparazione fra l’arte dello scultore e i modelli della cultura antica, selezionati dalle collezioni del Parco. Insieme, infatti, alle sculture di Messina – del quale anche la città di Linguaglossa custodisce una piccola collezione nelle sale del Museo Regionale a lui dedicato – saranno esposti a Taormina, selezionati dalla archeologa Maria Grazia Vanarìa, cinque reperti provenienti dalla ricca collezione del Museo Archeologico di Naxos, fra i quali spicca un raffinatissimo inedito: un torso maschile, di età romana (I sec. a.C.), proveniente dalle Naumachie di Taormina e sinora rimasto nei depositi del museo. Gli altri pezzi in mostra sono statuette femminili di età arcaica (VI secolo a.C.), un busto e una statuetta di età classica (V secolo a.C.), provenienti dall’abitato di Naxos, culla della cultura classica in Sicilia per essere stata la prima colonia greca nell’isola (VIII a.C.) e la più antica città greca dell’occidente.
“La mostra di Francesco Messina – spiega Vera Greco – evidenzia la traccia indelebile che i modelli artistici elaborati dalla cultura antica hanno impresso sui codici espressivi dello scultore, dando al visitatore l’opportunità di cogliere in tutta la sua forza, le suggestioni e gli echi della cultura greca antica arrivati in Sicilia attraverso la prima porta di Naxos”. Grecia che Messina, siciliano di Linguaglossa, storico comune dell’Etna, percepiva come una sorta di “Grande Madre” tanto che, in un diario di viaggio del 1966 in Grecia, lo scultore annota: “Torno per la terza volta in questa terra benedetta. A me, siculo del Mar Jonio, sembra di ritornare alla casa non della madre, ma della nonna. E si sa che i nonni nutrono straordinario amore per i nipoti”. La mostra di Taormina – commenta Maria Fratelli – illumina le opere dello scultore siciliano con la luce e il respiro della Sicilia sottolineando, attraverso il confronto con i reperti antichi, il perdurare della classicità nel Novecento; idea e forma di una visione che rimane, per ampiezza e lucidità di pensiero, paradigma necessario alla contemporaneità”. La mostra è visitabile tutti i giorni, dalle 9 alle 19.30 e con ingresso libero.