MOSTRE: con “L’arte di essere famosi” Andy Warhol a Palermo
Palermo
Opere uniche, multipli e oggetti iconici. Fino al 7 gennaio a Palazzo Sant’Elia.
Palermo, 18 ottobre 2017 – L’arte va consumata, come ogni opera commerciale. E va replicata, all’infinito, mutando i contorni ma non i temi, accendendo e spegnendo i colori. Per uno dei più importanti esponenti della Pop Art come Andy Warhol, ogni icona va masticata, ingoiata, copiata e rigettata, in maniera tale da svuotarla da ogni significato. Ecco quindi The Flowers, Mao, Marilyn Monroe, Mick Jagger, Liza Minnelli: soggetti. E basta. Ma dall’impatto talmente forte ed autentico, da divenire esempi di comunicazione.
La mostra “Andy Warhol. L’Arte di essere famosi”- che si visita da domani (19 ottobre) al 7 gennaio a Palazzo Sant’Elia a Palermo – comprende 166 differenti soggetti, tra opere uniche, multipli ed oggetti d’arte, della Rosini Gutman Collection, che abbracciano gran parte dell’intero percorso artistico ed iconografico dell’artista, dal 1957 al 1987, anno della sua morte; una raccolta antologica delle “icone” più conosciute, ospitata alla Fondazione Sant’Elia: dal Gold Book, realizzato da Warhol in occasione di una delle sue prime personali di successo alla Bodley Gallery di New York, nei primi anni Cinquanta; alle “ricette” di Suzie Farkfurt, Wild Raspberries, libro realizzato “a mano” con l’aiuto della madre Giulia Warhola, scimmiottando i libri di cucina francese tanto di moda in quel periodo; alcuni dei soggetti più famosi degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, dal mito di Marilyn Monroe al fascino di Liz Taylor, dalle storiche bottiglie di Coca Cola alle leggendarie lattine di zuppa Campbell’s; e ancora, Flowers, Mao, Mick Jagger, Liza Minnelli, Joseph Beuys e Ladies and Gentlemen. Dalla Rosini Gutman Andy Warhol Collection giungono anche alcune opere inedite come gli Space Fruits, di cui Warhol stesso descrive la realizzazione nei suoi diari, a dieci anni dall’attentato subito – il 3 giugno 1968, la femminista e frequentatrice della “Factory”, Valerie Solanas, sparò a Warhol e al suo compagno di allora, Mario Amaya che sopravvissero, nonostante le gravi ferite riportate. Da quel momento l’artista apparve sempre meno in pubblico – e una serie di Dollars Bills di varie misure; Fish, Candy Box, Drag Queen, Kiku, Dress e Campbell Box, oltre a cover discografiche, numeri di Interview (la rivista fondata da Warhol a New York), ed altri oggetti divenuti opere d’arte dopo essere passati dalle sue mani. La serialità, la precisione della tecnica serigrafica, il concetto stesso di copia e riutilizzo, sono componentifondamentali per comprendere il percorso di un artista diverso, innovativo, all’avanguardia per anni in cui era ancora in nuce la Pop Art, che di lì a poco si diffonderà anche in Europa.
In mostra a Palazzo Sant’Elia anche le immagini di alcuni documenti personali di Andy Warhol: dal passaporto ad una delle sue prime pagelle, il foglio di ricovero ospedaliero dopo l’attentato, alcuni strumenti di lavoro e diversi preziosi libri, come l’“Index Book”, firmati dallo stesso Warhol. In una sala che fa parte del percorso espositivo, verranno proiettati film documentari e video d’arte sull’artista e sulla Factory. Allestito anche un bookshop, che diventa a sua volta, spazio d’arte; e un laboratorio di grafica per i più piccoli, aperto alle scuole.
L’allestimento di “Andy Warhol. L’Arte di essere famosi” si è andato perfezionando ad ogni nuova tappa; la mostra, nel corso degli ultimi dieci anni, ha toccato Montecarlo, Lugano, Andorra, Barcellona, Spoleto, Trieste, Cordoba, Palma de Maiorca, Pescara, Taipei e Kaohsiung nella Repubblica di Taiwan, San Marino, Ascoli Piceno, Aosta, Bologna, Dusseldorf. L’intento della Rosini Gutman Foundation è quello di far conoscere Andy Warhol da una prospettiva diversa rispetto ad altre grandi collezioni, focalizzando l’attenzione su opere che rappresentano la parte più intima (per affinità), e più vicina (per estetica), alle sue radici europee, sia dal punto di vista intellettuale che da quello artistico. Un passo in avanti verso l’inquadramento storico e concettuale della Pop Art in Europa e in Italia, dove si salda con forza su spinte già anticipate dal Futurismo.
Alla mostra collaborano alcuni allievi del Liceo Artistico “Eustachio Catalano”, guidati dai tutor Maria Luisa Scozzola, Lucia Corsaro, Giacomo Badami e Guido La Porta. Quattro le classi coinvolte nelle visite guidate: tra queste, due dei corsi di design, sono state impegnate anche nell’allestimento.
[Melamedia & Simonetta Trovato]